Come è nata la Festa del Barbarossa – Testo tratto da “Il Barbarossa – Cronache e protagonisti di una festa” di Lorenzo Benocci e Paolo Saletti (Primamedia editore – 2010) – Da professore poco più che quarantenne Orfeo tornò, da Roma, ad abitare a San Quirico sul finire del 1960, e la differenza, pur trattandosi dei luoghi natii, gli apparve davvero grande. Il paese stava compiendo la sua rinascita dopo le tragedie della guerra e s’affacciava al boom economico, che già si cominciava a respirare nell’aria, con tutte le sue tradizionali risorse… ma mancava di qualcosa: una volta finito il lavoro ci si annoiava. Anche la Cassia abbandonava ormai il centro del paese, ed il senso di solitudine doveva esser ben presente. Parlandone con il fratello Carlo, allora Sindaco, lanciò idee e spunti per molte attività più o meno culturali (non certo è questo il luogo per ricordarle tutte, però ci pare doveroso annotare la fondazione della Pro-Loco, nel 1961, della quale fu subito il Presidente), ma mancava ancora una festa vera, che coinvolgesse la popolazione, una festa che non fosse solo una di quelle religiose, tradizionali, che punteggiavano i calendari. Il caso volle che un gruppo della RAI, nell’autunno del 1961, cercasse collaborazione dalle Pro-Loco per fare spettacoli radiofonici (“cercavano di tenere ancora viva la radio, ormai sconfitta, anzi sparita, sotto l’avanzata della televisione” scriveva Orfeo anni fa) d’interesse locale, e così lui si offrì di preparare, e presentare, uno spettacolo di scenette scherzose sull’episodio storico del passaggio del Barbarossa. Questa specie di “disinibito musical” fu fatto verso Natale al Cinema Casini, sia per il pubblico che era accorso, che per la registrazione RAI (chissà se nella loro nastroteca… mah), ed ebbe per interpreti principali un giovanissimo Ugo Sani nei panni del Barbarossa e Graziella Marchini in quelli di Beatrice. I pochi testi pervenutici recitano: “Lasciata la Valdarbia e il puzzo giù del Crocchi, in piazza del mercato miei prodi accamperem … ben disti o savio Sire, ci fermeremo in piazza … e la tua dolce sposa andrà poi da Gigliola, a ricompor la chioma sua lunga e bella … … sì, è un paese splendido, e c’è un cacio valdorciano ch’incatena i nostri cuor … e un vino, un vino, meraviglioso vin”. Manco a dirlo fu un successo, al punto che pensò di trasformarlo nella festa che aveva in sogno: “Siena ha sempre vissuto intorno al Palio, Montalcino pensava ai tordi, perché non legarci anche noi a storia, topografia e vita reale di ogni giorno?”. Allora, in una serata d’inverno che si sarebbe subito trasformata nell’intera nottata, iniziò a buttar giù, sopra un foglio, le sue idee su cosa si doveva fare, come si doveva dividere il paese, ecc. ecc… all’alba era nato il Barbarossa! Ma non era nata solo l’idea, erano nati i Quartieri con i loro confini, colori, stemmi e “perché”, i Capitani, i Comitati, i regolamenti, i copioni delle parti recitate… praticamente tutto: mancava solo che qualcun’altro lo sapesse, ma dettagli come questi non hanno mai spaventato il Sorbellini. Con il suo entusiasmo, la sua voglia di fare, come sempre più che contagiosi, ne parlò con i ragazzotti dell’epoca e anche con qualche amico-collaboratore, convocò una riunione in Comune, spiegò a tutti quello che dovevano fare, come si dovevano cucire le bandiere e gli stendardi, come i costumi e le scarpe, a chi rivolgersi per imparare a tirar con l’arco o a volteggiare le bandiere, in un crescendo che, nel giro di qualche mese dette vita alla prima Festa del Barbarossa. Raccontata così sembra più leggenda che storia ma, visto che son passati cinquant’anni e che in questo periodo la Festa s’è profondamente e, crediamo, indissolubilmente radicata dentro i sanquirichesi, non possiamo che benedire quella nottata che ci ha cambiato, senza voler essere retorici, la vita… o almeno parte di quella sociale.